Nasce il polo archeologico del territorio dei laghi bergamaschi: un percorso archeologico dalla necropoli romana e l’Accademia Tadini di Lovere, alla villa romana di Predore passando per il villaggio romano di Cavellas di Casazza, recentemente aperto al pubblico.
Dopo quasi due anni dall’avvio del progetto “Percorsi archeologici alla scoperta dell’identità culturale del territorio dei laghi bergamaschi”, i quattro poli di interesse archeologico e culturale del Sebino e della Val Cavallina – la necropoli romana e l’Accademia Tadini di Lovere, la villa romana e di Predore e il villaggio romano di Cavellas di Casazza – fanno ora parte di un unico sistema correlato. Grazie anche alla nascita della rete PAD Percorsi Archeologici Diffusi, il patrimonio archeologico e culturale compreso nel bacino territoriale della Comunità Montana dei laghi bergamaschi viene valorizzato e promosso come una unica realtà archeologica della parte orientale della provincia di Bergamo.
Il progetto “Percorsi archeologici alla scoperta dell’identità culturale del territorio dei laghi bergamaschi” ha dato notevole impulso a lavori di restauro, recupero e musealizzazione dei siti archeologici.
Con il polo archeologico del territorio dei laghi bergamaschi, nasce così un circuito archeologico di rilevanza nazionale, sia per estensione che per la rilevanza dei reperti venuti alla luce. Un polo culturale che richiamerà l’attenzione non solo delle comunità locali ma anche di turisti, studenti e studiosi. Un tuffo nel passato, un viaggio nello spazio e nel tempo per conoscere le origini e la storia delle popolazioni orobiche. I lavori di scavo e valorizzazione continueranno anche nei prossimi anni e forniranno importanti tasselli per approfondire le conoscenze nell’ambito dell’archeologia prealpina di età romana.
(testo a cura dell’Ufficio Stampa – Erica Debelli)
Brevi cenni sui siti interessati dal progetto
(diritti riservati sulle immagini)
LOVERE. La necropoli di età romana di via Martinoli
In epoca preistorica Lovere apparteneva alla civiltà dei Camuni. Nel 16 a.C. essi vennero sottomessi in seguito alla decisione di Augusto di consolidare il confine settentrionale dell’impero.
La romanizzazione procedette a partire da Civitas Camunnorum (Cividate Camuno), città fondata dai Romani attorno al 23 d.C. e dal I secolo i Camuni risultano già stabilmente inseriti nelle strutture politico-sociali romane. A Lovere si sviluppò un nucleo abitativo, probabilmente un piccolo villaggio, che i dati in nostro possesso suggeriscono abbia avuto continuità di vita almeno fino al IV sec. d.C., acquisendo, nel corso del tempo, i costumi della cultura romana. I primi ritrovamenti sepolcrali risalgono al 1818-1819 e si sono conclusi con uno scavo sistematico dell’area effettuato tra gennaio e maggio 2015. La necropoli era situata lungo l’antico tracciato viario che in uscita dal centro abitato conduceva verso la Valcamonica. La suddivisione e la gestione degli spazi interni era affidata a recinti funerari in muratura distribuiti lungo il fronte stradale; ne sono stati individuati in tutto sei con dimensioni variabili dai 41 mq ai 145 mq. Sono state portate alla luce complessivamente 140 tombe, di cui 91 inumazioni e 48 incinerazioni.
Necropoli di Lovere, Scavo 2015: Tomba Tb117
Nel corso degli scavi sono stati rinvenuti numerosi materiali, il cui studio consente di riflettere sui traffici commerciali e sugli influssi culturali presenti nella Lovere storica, tenendo presente che il mondo funebre restituisce a volte un’immagine distorta della realtà, perché influenzato dall’ideologia funeraria. La maggior parte dei materiali rientra nel panorama della tradizione culturale romana. Degni di menzione per essere testimonianza della presenza di un ceto medio-alto e per l’alta qualità sono i corredi provenienti da due tombe rinvenute nel 1907. In una di esse, datata al III secolo d.C., fu trovato il prezioso “tesoro” in argento, di proprietà di un tale Scipio, come sembrano indicare le lettere SC SCP e SCIP graffite su lussuosi manufatti in argento: faceva parte di tale servizio anche la “coppa del pescatore”, decorata a sbalzo e bulino, raffigurante una scena di pesca e motivi marini. Il secondo corredo è noto per le raffinate oreficerie che spaziano dall’età imperiale all’epoca tardoromana.
Necropoli di Lovere, scavo 1996: corredo tombale di età tardo-romana (IV sec. d.C.)
LOVERE. Accademia Tadini
La Galleria dell’Accademia Tadini ha sede nel palazzo neoclassico che si affaccia sul lago, fatto edificare, tra il 1821 e il 1826, dal conte Luigi che nel 1827 vi trasferì le opere e gli oggetti d’arte fino ad allora conservati nella sua residenza di Crema, aprendo al pubblico quello che può essere considerato il più antico museo dell’Ottocento in Lombardia dopo la Pinacoteca di Brera. Cuore della collezione sono il bozzetto in terracotta della Religione e la Stele Tadini, opere di Antonio Canova con il quale il conte Tadini ebbe un rapporto privilegiato testimoniato da un fitto scambio di lettere. A queste si aggiungono numerosi dipinti, tra i quali capolavori di Jacopo Bellini, Paris Bordon, Fra Galgario, il Pitocchetto; una raccolta di bronzetti rinascimentali; una raccolta di porcellane di Meissen, Sevres e Capodimonte ed una biblioteca storica. L’Ottocento è documentato dai capolavori di Francesco Hayez e dalle sculture di Giovanni Maria Benzoni, che avviò la propria formazione presso l’Accademia Tadini. Il Gabinetto delle antichità (o Gabinetto archeologico), ora valorizzato dal recente restauro, conserva l’allestimento voluto dal conte Luigi Tadini. Essendo uno tra i più antichi in Lombardia, accanto a quello istituito da Pier Vittorio Aldini presso l’Università di Pavia, costituisce una preziosa testimonianza della storia dell’archeologia in Italia. La collezione esposta, di ampio respiro per la provenienza dei reperti, si è prevalentemente formata attraverso acquisti fatti dal conte Tadini durante il suo viaggio in Italia fra il 1793 e il 1797, allorché fece sosta a Roma e soggiornò in più occasioni a Napoli. La presenza di alcuni reperti per i quali si possono proporre confronti con l’area settentrionale o con la provincia di Bergamo suggerisce che Luigi Tadini abbia accolto anche materiali di provenienza locale. Istituzione culturale di riferimento per l’area sebino-camuna, l’Accademia Tadini ha accolto i materiali provenienti da occasionali ritrovamenti per tutto il corso dell’Ottocento. In Accademia sono stati depositati i materiali provenienti dagli scavi sistematici condotti sotto la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologica della Lombardia, nell’area della Necropoli di Lovere nel 1955 e nel 1973, che successivamente la Soprintendenza ha provveduto a ritirare per procedere al restauro con fondi ministeriali, in vista di una futura esposizione degli stessi con criteri museografici idonei alla comunicazione dell’importanza del sito di Lovere.
PREDORE – L’impianto termale della villa romana
L’esistenza nel sottosuolo di Predore di un grosso edificio di età romana era nota da tempo grazie ad una serie di ritrovamenti, i primi dei quali risalenti al secolo scorso, che avevano portato in luce porzioni di murature e parti di pavimentazioni musive. Nel 2003 un grosso intervento edile volto alla riqualificazione della vasta area occupata dall’ex fabbrica Lanza Gomme ha permesso di effettuare, secondo metodologie archeologiche, una indagine estensiva ed esaustiva di un’area di circa 1.000 mq pertinente all’edificio romano che si confermava essere una villa di notevoli dimensioni, circa 15.000 mq allo stato attuale delle conoscenze. La parte del complesso oggetto dell’indagine è stata quella occidentale, occupata per metà dalla zona termale mentre gli altri 500 mq erano rappresentati da un’area aperta adibita a tutte quelle attività necessarie durante la costruzione e la manutenzione del fabbricato. Dal punto architettonico, si sono potute distinguere quattro fasi principali che vanno dal I sec. a.C. al IV secolo d.C. e che hanno visto, in certi casi, sostanziali modifiche nelle disposizioni spaziali e funzionali di questa parte della villa.
Villa romana a Predore, zona termale: particolare del complesso tepidarium-frigidarium-natatio
La terza fase, databile al II-III sec. d.C., è quella meglio documentata ed anche quella che sembra essere stata interessata dagli interventi architettonici più consistenti, probabilmente in concomitanza con la decisione di adibire questa parte della villa a zona termale. Lungo un percorso ad L rovesciata vengono realizzati quattro ambienti riscaldati (ipocausti), alimentati da un unico praefurnium, seguiti da altri due vani, il tepidarium e il frigidarium, e,dopo questi, dalla grande vasca (natatio) con pareti e fondo ricoperti con grosse lastre squadrate di pietra bianca locale. In seguito la villa, come testimoniato dalla mancanza di evidenti livelli di incendio o distruzione e dalla scarsità dei reperti mobili, conosce un lento e progressivo abbandono anche se non si esclude che, come osservato in situazioni analoghe, parte dei suoi ambienti abbiano continuato ad essere utilizzati anche nelle epoche immediatamente successive.
CASAZZA – Cavellas. Un villaggio d’epoca romana in Valle Cavallina
La valle Cavallina prende nome da Cavellas, insediamento che in epoca romana occupava il fondovalle dove ora sorge Casazza. Il ritrovamento occasionale di alcune sepolture, avvenuto nell’Ottocento, ha favorito la ricerca e poi la scoperta di un importante insediamento, sepolto sotto i depositi alluvionali del torrente Drione. I resti murari crollati, i piani pavimentali, i focolari e altri documenti dell’attività umana si susseguono in una stratigrafia complessa che presenta lo spessore di circa un metro; tutto il villaggio risulta infine sigillato sotto le numerose alluvioni del torrente che ha formato un deposito dello spessore di circa quattro metri, conservando nel tempo i resti materiali di una vicenda umana durata circa quasi secoli. Il sito risulta di particolare importanza sia per l’estensione che per l’unicità nell’ambito della valle Cavallina e territori circostanti, oltre che per la durata nel tempo; il ritrovamento di resti che documentano l’allevamento del bestiame, la coltura dei cereali e la tessitura domestica della lana conferiscono al sito una forte connotazione agraria.
Cavellas: vista generale dell’area archeologica di Casazza
L’individuazione del giacimento archeologico è conseguenza dei lavori effettuati per la realizzazione di edifici civili e commerciali, condotti in due diverse occasioni e in luoghi contigui, a ridosso del tracciato della SS 42. E’ stato così possibile esplorare due distinte aree, oggetto di scavo in tempi diversi: la prima nel 1986/87, la seconda nel 1992/93 e nel 1996. In entrambe le aree di scavo sono emersi resti di edifici, con muratura in pietra e malta di calce, costitutivi di un villaggio il cui perimetro esterno non è stato determinato, visto che le murature proseguono oltre l’area d’indagine. Gli alzati, che si sono conservati per circa un metro o anche più, delimitano ambienti a forma quadrata o rettangolare, con deposizioni archeologiche pluristratificate, che identificano tre principali macro-fasi costruttive. Talvolta le strutture più recenti inglobano o insistono su quelle più antiche, utilizzandole come fondazioni, mentre in altri casi i crolli o le demolizioni, non asportati, vengono livellati e coperti da nuovi piani pavimentali. Nonostante nel corso di cinque secoli il complesso sia stato oggetto di ristrutturazioni e modifiche anche sostanziali, è comunque possibile riscontrare, sin dalla sua prima fase, un progetto generale organico e articolato.