Ultimi giorni per visitare l’interessantissima mostra “Aqva Fons Vitae. Identità storia memoria di una comunità” presso la Sala di Città del Municipio di San Lazzaro di Savena (Bologna).
La mostra ripercorre la storia delle acque territoriali e narra la scoperta del ricco contesto archeologico rinvenuto in un pozzo d’epoca romana.
Indagini compiute dalla Soprintendenza Archeologia dell’Emilia-Romagna nel corso del 2006, in uno dei luoghi centrali della città di San Lazzaro di Savena (Via Caselle), in occasione della costruzione di un nuovo complesso architettonico a uso residenziale e commerciale, ha gettato nuova luce sulla presenza romana in questo territorio rurale a cavallo fra l’agro bononiense e quello claternate, attraversato da un’arteria – la via Emilia – già pulsante di traffici sin dall’antichità.
In particolare, grazie anche all’intervento tecnico dei sub del Gruppo Archeologico di Ravenna, l’esplorazione di un pozzo per la captazione delle acque, annesso a un edificio rurale non conservato e contenente reperti vascolari, metallici e lignei posizionati nella parte basale della struttura, ha permesso di aggiungere un inaspettato tassello storico del primo nucleo abitativo della città.
Nonostante non si abbiano elementi che permettano di datare la costruzione del pozzo, è ipotizzabile che non sia avvenuta prima del I a.C. Di particolare interesse è perciò l’esame di quanto contenevano gli strati inferiori del pozzo, costituitisi durante l’ultimo periodo di utilizzo della struttura. Innanzitutto un dupondio di Marco Aurelio coniato nel 170-171 d.C., una lucerna con marchio VIBIANI, alcuni bicchieri tipo via Andrea Costa. Seguono, con un alto numero di attestazioni, le brocche e le brocchette, di cui un esemplare con marchio RETINIA. Molto interessante è la bottiglia con l’iscrizione graffita DOMV CONFUSI CAM. Numerose, anche le olle biansate; tra le ceramiche di uso comune, da mensa e da dispensa, sono presenti frr. di bottiglie, olle, ciotole, coperchi e vasi recipienti per la cottura degli alimenti: pentole e tegami.
Diversi sono i reperti lapidei, vitrei, di osso lavorato, legno, tessuto e metallo: un mortaio in pietra di Aurisina, uno spillone in osso a testa sferica, una fusaiola e di un piattino d’acero, due tappi di olmo, numerose assi e altri elementi da costruzione. Si sono inoltre conservati pressoché intatti una casseruola di bronzo, che faceva probabilmente parte del servizio da tavola, e un secchio di lamina. Fra gli oggetti più significativi si segnala, infine, un pendaglio di lamina bronzea traforata che presentava al centro lo spazio per un elemento decorativo (gemma o pasta vitrea), di cui però rimane solo la traccia dell’attacco. Si tratta di un oggetto ornamentale, di cronologia incerta, forse intenzionalmente deposto sul fondo al momento della costruzione del pozzo, come del resto il recipiente dentro cui era contenuto.
Il pozzo fu abbandonato sul finire del II secolo d.C., o forse agli inizi del successivo, quando le conseguenze della crisi economica, determinatasi a causa anche della concorrenza commerciale delle provincie che era divenuta sempre più difficile da contrastare, si manifestarono in maniera concreta in tutto il territorio bolognese.
Fin da subito, quindi, è stata riconosciuta la portata di questa scoperta, poiché in grado di offrire un importante contributo sul coevo popolamento dell’area orientale bolognese e di rafforzare l’identità storica dello stesso territorio.
Il materiale proveniente dallo scavo del pozzo viene proposto per la prima volta all’attenzione del grande pubblico nella mostra “Acqva Fons Vitae. Identità storia memoria di una comunità” organizzata dal Museo della Preistoria Luigi Donini in collaborazione con la Soprintendenza Archelogia della Regione Emilia-Romagna, l’Istituto Beni Culturali della Regione Emilia-Romagna e il Consorzio della Bonifica Renana di Bologna.
La mostra si snoda intorno al tema delle acque, essenziale fonte di vita per lo sviluppo della comunità e del territorio. Il suo fulcro è costituito dall’esposizione dei ritrovamenti archeologici del pozzo romano di via Caselle, che si inserisce in un più ampio percorso di visita attraverso l’illustrazione delle principali forme di sfruttamento dell’acqua che l’uomo ha progettato, fin dagli albori della propria storia, per migliorare le condizioni necessarie all’insediamento umano, fino a favorire la crescita sociale ed economica dell’intera area bolognese.
Presso la sede della mostra, ingresso libero e aperta dal 3 aprile al 29 maggio, è possibile trovare la guida all’esposizione e il catalogo “SAVENA – IDEX. Due insediamenti rustici nell’ager bononiensis orientale” edito per l’occasione e che presenta i più significativi complessi archeologici romani restituiti dal territorio sanlazzarese.
Testo a cura dell’organizzazione dell’evento.
Scheda evento
Titolo: Aqva Fons Vitae. Identità storia memoria di una comunità
Luogo: Sala di Città del Municipio di S. Lazzaro di Savena. Via Emilia 192. San Lazzaro di Savena (Bologna)
Data: dal 3 aprile 2016 al 29 maggio 2016
Costo: ingresso libero e gratuito
Orario: da martedì a venerdì dalle ore 17 alle 19, sabato e domenica dalle 10 alle 13
Informazioni: Museo della Preistoria “Luigi Donini”. tel. 051 465132
Approfondimenti: AQVA FONS VITAE
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