La ricostruzione romanzesca di un viaggio di esplorazione alle Isole Canarie – allora chiamate Isole Fortunate – nel I sec. prima di Cristo, è il soggetto del romanzo di esordio di Stefano Medas, archeologo navale e docente di Storia della Navigazione Antica. La puntuale rivisitazione del contesto storico e archeologico – piuttosto inusuale – propone un personaggio misconosciuto della Romanità: Giuba II, re di Mauritania nel 25 a.C. Figlio del redi Numidia, sconfitto da Cesare, è stato deportato a Roma, ed ha sfilato al corteo trionfale di Cesare, dopo la campagna d’Africa. Educato dalla famiglia di Ottaviano, il vincitore della battaglia di Azio, è diventato un giovane colto e promettente, ed ottiene la cittadinanza romana. E’ lo stesso Ottaviano ad assegnargli il regno di Mauritania, dandogli in sposa Cleopatra Selena, figlia di Antonio e Cleopatra, anch’essa cresciuta a Roma nella famiglia del protettore Ottaviano, affidata alla sorella Ottavia.
Selena, bella e sensuale, è una donna colta e raffinata; legata al marito da una profonda intesa, ne ammira la sete di conoscenza e di avventura. L’opera di Giuba si riflette positivamente sul suo regno. La Mauritania sui sviluppa civilmente, e si apre al mondo ellenistico con commerci e scambi culturali. Giuba è particolarmente impegnato nello studio della geografia e le scienze naturali: all’inizio del primo secolo accompagna Gaio Cesare, nipote di Augusto, in un viaggio in oriente e in Arabia: da questa esperienza trae il materiale per una importante opera, supportata da Augusto Agrippa. Verso la fine del I sec. d.C. intraprende un progetto di esplorazione nell’Oceano, oltre le Colonne d’Ercole, che potrà essere il compimento della sua vita avventurosa: il viaggio di scoperta alle leggendarie Isole Fortunate, al limite del mondo conosciuto. Il libro di Medas è appunto una proposta di ricostruzione della spedizione, un evento basilare, del quale però non ci sono rimaste tracce letterarie.
Una flottiglia di tre navi, le liburne Aquila e Invicta, e l’oneraria Fortuna, guidate da tre capitani e con una settantina di marinai, si concentrano a Cesarea di Mauritania, l’attuale Tangeri. Dopo aver imbarcato due medici e naturalisti, e due cartografi, giunge per la spedizione il giorno della partenza. La rotta prevede soste a Gades, oggi Cadice, sulla costa atlantica della Spagna, per incontrare il filosofo Fania, che ha raccolto dati geografici sulle Isole di destinazione; quindi, costeggiando l’Africa, Lixo, Saba, e Cerne, nelle Isole della porpora, ultima tappa prima della traversata. Il viaggio dura 135 giorni. La descrizione procede con l’incontro con gli isolani e l’identificazione delle isole: la più grande viene nominata Canaria, per via della presenza di grandi cani. Da essa, per estensione l’intero arcipelago avrà il nome di isole Canarie.
Le osservazioni dei geografi e dei naturalisti sulle condizioni naturali dell’arcipelago e i suoi abitanti, contenute in una relazione all’imperatore, lasceranno tracce importanti nella letteratura scientifica del tempo, a partire da Plinio il Vecchio. Se purtroppo i testi originali sono andati perduti, Medas integra la narrazione con pagine di archeologia ricostruttiva della marineria di epoca romana, dovute alla sua profonda conoscenza delle costruzioni navali
dell’epoca e delle tecniche di navigazione – acquisita con la partecipazione a numerose missioni archeologiche subacquee – e con belle descrizioni di episodi di viaggio per mare e della vita quotidiana a bordo. Una capacità rara, negli scrittori italiani di mare.