I geroglifici
Nonostante quello che potrebbe apparire ad una prima occhiata, la scrittura geroglifica (“medu necer” in egizio, o anche “bau Ra“, rispettivamente “parole divine” o “forze di Ra”) non è una scrittura ideografica, o meglio, lo è solo in parte.
In realtà, i geroglifici sono un sistema misto, in parte fonografico (un simbolo = un suono) ed in parte ideografico (un simbolo = un concetto), a cui si aggiungono dei simboli detti “determinativi” che hanno solo un valore semantico e che servono esclusivamente a precisare in modo visuale il senso delle parole a cui sono uniti.
Gli ideogrammi sono segni che notano una parola, come per esempio le nostre cifre: “5” significa e si pronuncia “cinque” senza ricorrere alle lettere “c-i-n-q-u-e”.
In egizio, “acqua” si scrive con tre linee a zig-zag.
I fonogrammi sono simboli che indicano uno o più suoni, derivano dagli ideogrammi e funzionano un po’ secondo il principio del rebus, cioè sono usati in base alla loro pronuncia senza tenere conto del loro significato.
Per fare un esempio in italiano potremmo scrivere “amore” attraverso dei disegni che convenzionalmente rappresentano un “amo” e un “re”.
Amo + Re = “Amore”
Oppure, tanto per fare un altro esempio, è un po’ come nelle abbreviazioni negli sms: se io scrivo “c 6 x pranzo?” uso tre “ideogrammi” (la lettera “c”, la cifra “6” e l’operatore matematico “x”) in maniera “fonografica”, senza cioè tenere conto del loro significato, ma considerando solo il loro valore fonetico, come si pronunciano in pratica.
I determinativi invece sono dei simboli che non si leggono: vengono posti (uno o anche più di uno) alla fine delle parole per indicarne in modo più o meno dimenticato la categoria di significato; prendendo l’esempio precedente, alla parola “amore” posso aggiungere il disegno di un “cuore” per indicare che si tratta di un sentimento, e magari anche una faccina che sorride per indicare che si tratta di un concetto positivo.
Amo + Re + det. “sentimento” + det. “positivo” = “amore”
I determinativi sono fondamentali, perché permettono di distinguere delle parole che se fossero scritte solo foneticamente risulterebbero identiche, e questo è un problema che si presenta relativamente spesso, tanto più che l’egizio, come le lingue semitiche, di per sé scrive solo consonanti e semivocali, mentre omette le vocali.
A causa di questa caratteristica, per permettere la lettura che altrimenti risulterebbe impossibile, per convenzione si intercala una “e” tra le varie consonanti, o per lo meno tra quelle consonanti che non possono essere pronunciate di seguito. Se la parola è formata da una sola lettera, si pronuncerà anteponendogli la “e”.
Sempre per convenzione, le due semivocali (“j” e “w”) sono pronunciate come vocali (rispettivamente “i” e “u”) mentre due lettere particolari, dette “alif” e “ain“, sono entrambe pronunciate per convenzione “a”. Ovviamente con queste lettere non è necessario intercalare la “e”.
Per fare un esempio, la frase dell’introduzione, traslitterata “nfr tw Hna=i, sDm=k r(a) n kmt!” sarà dunque pronunciata “nefer tu Hena-i, seDem-ek ra en kemet!” (per il valore fonetico preciso delle consonanti traslitterate, si veda la tabella sotto).
E’ importante notare però che anche se in generale vi è una certa distinzione tra ideogrammi/fonogrammi e determinativi, capita che alcuni simboli possano essere usati sia come fonogrammi, come ideogrammi o come determinativi, a dipendenza del contesto e della parola. Inoltre, può capitare che uno stesso simbolo abbia due o più possibili valori fonetici corrispondenti, in genere però, in questo caso, uno dei valori fonetici è principale e dunque più comune, mentre gli altri sono secondari e dunque più rari.
Un esempio è il simbolo che rappresenta una stella, che può essere usato sia come ideogramma, sia come fonogramma (con i valori fonetici “sbA”, “dwA” e “wnwt”) e pure come determinativo (per esempio per la categoria “corpi celesti”)
I fonogrammi possono essere catalogati in tre categorie:
- uniletterali (un simbolo = una lettera)
- biletterali (un simbolo = due lettere, come la “psi” greca per esempio, che vale “p+s”, o la “x” che vale “k+s”)
- triletterali (un simbolo = tre lettere)
I simboli biletterali e triletterali sono spesso accompagnati da uno o più simboli uniletterali (detti “complementi fonetici”) che esprimono in maniera ridondante, quasi per confermarlo, tutto o in parte il valore fonetico dei simboli a cui si accompagnano; e come se in italiano per scrivere “taxi” scrivessimo “taxsi” o addirittura “takxsi”.
I simboli uniletterali sono 30, e formano il cosiddetto “alfabeto“.
Sono i seguenti:
Note:
Nella colonna 2 vi ho messo la forma in cui io scrivo questi simboli, sia per farvi un’idea di come gli egittologi scrivono oggi i geroglifici (la maggior parte dei testi pubblicati, così come i dizionari, tra cui anche il Faulkner, sono in genere manoscritti; la mia grafia prende a modello soprattutto il geroglifico corsivo di certi papiri), sia perché andando avanti nel corso gli esempi di testi saranno spesso scritti di mio pugno. Nel caso di simboli di difficile interpretazione comunque, vi fornirò il codice della lista Gardiner, in modo che possiate andare a consultare la versione “calligrafica”.
Nella colonna 4 vi ho messo la traslitterazione che è convenzionalmente usata dagli egittologi in internet, tutte le traslitterazioni che vi fornirò saranno di questo tipo.
Nella colonna 7 è indicato il codice della lista Gardiner.
Come detto vi sono cinque simboli che per convenzione vengono pronunciati come delle vocali (a, i, u), in realtà però questi suoni erano o delle guttrali (‘ain e alef) o delle semivocali (waw e yud) analoghe a quelle presenti ancora oggi in arabo o in ebraico.
Il fatto di pronunciarle secondo queste convenzioni deriva principalmente dal fatto che nelle lingue semitiche moderne queste particolari lettere sono sovente (ma in verità non sempre) accompagnate a questi suoni vocalici. Inoltre, per i “non-semiti” i suoni gutturali sono spesso assai difficili da pronunciare, e dunque queste convenzioni facilitano la lettura.
I biletterali sono invece circa 80, qui di seguito vi elenco i più comuni, indicandovi il valore fonetico e il codice della lista Gardiner. Per sapere cosa rappresentano, vi invito a guardare nella lista Gardiner.
I simboli triletterali sono circa 50, qui di seguito però vi indico solo i più frequenti, ancora una volta con valere fonetico e codice Gardiner.
I determinativi sono qualche centinaio, ed in genere hanno dei significati facilmente intuibili. Qui di seguito ve ne indico solo alcuni il cui valore può risultare meno immediato.
Senso di lettura ed ortografia
I geroglifici possono essere scritti praticamente in ogni direzione, da sinistra a destra, da destra a sinistra, in orizzontale, e in verticale dall’alto verso il basso.
Capire il senso di lettura è facile: basta osservare la direzione in cui guardano i geroglifici che rappresentano esseri animati, poiché essi infatti sono rivolti verso l’inizio dei testi.
Quattro possibili orientamenti per la stessa parola; i numeri in rosso indicano l’ordine di lettura dei segni
Ovviamente qualche eccezione esiste, nei testi sacri per esempio, come il libro dei morti, capita di avere le colonne che vanno da destra a sinistra mentre i testi all’interno delle colonne stesse vanno letti da sinistra a destra.
Si tratta però di casi rari, dovuti a precetti magici, o al tentativo di rendere la comprensione di un dato testo più difficile per un “non iniziato”.
Lo ieratico e il demotico invece si scrivono sistematicamente da destra a sinistra.
Vista la particolare struttura di questa scrittura, non esiste una vera e propria “ortografia” dei geroglifici. Nei testi di epoca classica le parole sono in genere scritte in maniera costante, ma soprattutto nelle epoche successive non è raro trovare più modi diversi per scrivere la stessa parola, magari con un complemento fonetico in più o in meno, o con un determinativo leggermente diverso.
Ad ogni modo, questa flessibilità di solito non complica più di tanto la lettura, e comunque di solito le varianti principali sono citate nel dizionario.
Un esempio, “At”, “momento”/”istante” viene citata nel Faulkner con ben 6 varianti; si tratta però di un caso particolare, è raro trovare parole con così tante forme.
L’unica regola, se così la si può chiamare, è un principio estetico: i geroglifici sono sempre, nel limite del possibile, combinati in modo da rientrare in un quadrato.
Marwan Kilani Gianola per Archeologia Italiana
Qui sotto puoi trovare le altre lezioni del corso online di geroglifici attualmente pubblicate
Introduzione
Prima lezione. Ideogrammi, fonogrammi e determinativi
Seconda lezione. Sostantivi, aggettivi, preposizioni, nomi di relazione e genitivo
Terza lezione. Pronomi e aggettivi dimostrativi
Quarta Lezione. Proposizione a predicato nominale (PPN)